Fonte: http://licpereyramele.blogspot.com
Nel 1989 si firmarono gli Accordi tra il Regno Unito e l’Argentina (denominati Accordi di Madrid), dove ipoteticamente si “congelava” il dibattito sulla sovranità delle Malvine. Nei fatti, il Regno Unito ha allargato di duecento miglia la sua Zona Economica Esclusiva e fino a trecentocinquanta miglia la sua Piattaforma Continentale che comprende 3.500 Km2. Ha avanzato l’esclusiva sul suo preteso settore antartico (British Antartic Territory) che abbraccia altri 3 o 4.000.000 Km2 nella zona che si trova nei pressi delle Malvine. Le stime ufficiali britanniche accerterebbero l’esistenza di 60.000 milioni di barili di petrolio. Se li moltiplichiamo per il valore attuale di 70 dollari il barile, stiamo parlando della favolosa cifra di 4,2 miliardi di dollari. Una cifra equivalente a ventisette volte l’ammontare del nostro impagabile debito pubblico.
Rapporti scientifici e commerciali elaborati dalla petroliera Desiré e dalla società internazionale di consulenze Sinergy, considerano che 3.000 milioni di barili sarebbero sfruttabili e redditizi a breve termine a un costo relativamente basso, se si prendono in considerazione le tecnologie a disposizione. Lo sfruttamento di questo segmento più accessibile e redditizio comincerà questa estate 2009-2010, vale a dire, tra un paio di mesi, quando l’Inghilterra sposterà le piattaforme di sfruttamento dal mare del Nord, il cui bacino si sta esaurendo.
Il Regno Unito è stato in grado di pescare, nella sua autoproclamata Zona Economica Esclusiva di 1.600.000 Km2, fatto che non accadeva da due decadi.
Ha ottenuto l’incorporazione di questi territori, includendo l’Antartide, nella nuova Costituzione Europea recentemente approvata dal Trattato di Lisbona (in vigore dal 1 dicembre 2009). È riuscito a fare in modo che l’Argentina ritirasse il caso Malvine dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove ogni anno otteneva maggioranze schiaccianti a suo favore. Così, la questione Malvine fu relegata bilateralmente al Comitato di Decolonizzazione, un comitato di secondo ordine e privo di qualche valenza politica o mediatica. Il Regno Unito ha anche ottenuto, inspiegabilmente, lo status di osservatore permanente dell’Organizzazione degli Stati Americani.
È riuscito a impiantare la Fortezza Militare Malvine, con centro Mont Plesant, dove recentemente ha inviato quattro aerei TYPHOON ad altissima tecnologia di combattimento e dove ha svolto intense esercitazioni militari presiedute dal Capo di Stato Maggiore Congiunto delle FFAA britanniche. Inoltre, ha nominato come prossimo governatore dell’Isola un militare britannico proveniente dall’Iraq, esperto in missioni in regioni ad alta conflittualità come il Libano e l’Irlanda del Nord. Lo scorso marzo ha presentato al Parlamento Europeo un piano aggressivo di europeizzazione delle sue basi militari, in particolar modo, quella delle Malvine.
In concreto, la Gran Bretagna ha violato nello spirito e nella lettera diversi paragrafi fondamentali degli Accordi di Madrid I e II. Per tutto ciò, l’Argentina è obbligata a dover denunciare energicamente e internazionalmente l’inadempimento da parte britannica e, conseguentemente, richiedere che il Regno Unito ritorni allo status giuridico e militare territoriale vigente al momento delle firme degli accordi e si astenga di mettere in moto l’imminente sfruttamento dei giacimenti di petrolio. Nello stesso tempo, il Regno Unito deve ritirare le quattro aeronavi TYPHOON, revocare il documento presentato al Parlamento Europeo di europeizzazione delle basi militari (dal tono particolarmente aggressivo e bellicoso) e cessare la realizzazione di pratiche militari ad alto livello che per nulla contribuiscono a raggiungere una “situazione il più normale possibile” nella regione.
(trad. di V. Paglione)
Carlos Alberto Pereyra Mele: politologo argentino, membro del Centro de Estudios Estratégicos Suramericanos. Contributi pubblicati in Eurasia. Rivista di Studi Geopolitici: Difesa nazionale e integrazione regionale (nr. 3/2007, pp. 101-106), La guerra infinita in America (nr. 4/2008, pp. 125-129).