Sin dal 2000 stiamo affermando che una delle ricchezze che fino a pochi anni fa non si prendeva in considerazione: l’acqua dolce, avrebbe cominciato ad avere un peso sempre maggiore nel futuro dello sviluppo delle nazioni e delle loro regioni, e che questo vitale elemento aveva nell’America meridionale importanti riserve incontaminate con una scarsa popolazione sulle stesse se, ad esempio, si comparano con quelle del mondo eurasiatico.
Questa risorsa è stata introdotta dagli Stati Uniti nell’agenda strategica della sicurezza nazionale dal governo Clinton in poi, insieme al gas, al petrolio e alla biodiversità, poiché i loro specialisti avevano preso in considerazione l’elevato inquinamento raggiunto dalle loro acque dolci come l’arretramento della loro produzione naturale. Il processo neoconservatore che ha imposto la globalizzazione capeggiata dalla triade (USA, UE e Giappone) fece grande enfasi nella privatizzazione di questa risorsa e raggiunse un fatto epocale quando la Banca Mondiale offrì di finanziare la privatizzazione dell’acqua, in praticamente quasi tutti i paesi dipendenti. Nel 2001, il presidente di turno della Banca Mondiale, rivelò: “Le guerre del futuro si faranno per l’acqua?”, dimostrando in questo modo l’importanza che sull’argomento già monitoravano gli esecutori del suddetto progetto. Ma, era scontato che questa sentenza (che avrebbe dovuto far scattare il campanello di allarme su questo bene scarso) non doveva essere diffusa dai mezzi di comunicazione di massa affini al processo di globalizzazione e che sono i diffusori di un sistema di produzione basato nell’idea di una crescita perpetua senza conseguenze e nello spreco delle risorse naturali, e non fu presa in considerazione dai paesi del nostro continente dominati ideologicamente e politicamente (dominio che, nel caso dell’Argentina, proviene dalla politica economica e finanziaria imposta dall’equipe di Martínez de Hoz durante la dittatura e difesa, in seguito, durante la democrazia).
Oggigiorno, mediante i mezzi di comunicazione di massa si comunica alle popolazioni che: l’acqua dolce è tra i beni strategici, insieme alla sicurezza alimentare, messaggio proveniente dalle società assicuratrici d’irrigazione che segnalano agli investitori della bisca finanziaria mondiale quali sono i paesi di maggiore rischio per effettuare gli investimenti, il che viene a confermare che non c’eravamo sbagliati quando argomentavamo che le risorse idriche devono essere controllate e regolamentate dallo Stato per la propria sicurezza nazionale e lo sviluppo economico della nazione.
La società assicuratrice AON, ha appena pubblicato la sua “Mappa del rischio politico 2010”, la quale include nella sua lista una scala che parte dalla possibilità di default, crisi politica, colpo di stato, leggi anti monopolistiche e l’acqua e le derrate alimentari per configurare la sua mappa del rischio politico, per gli investimenti da parte delle imprese e dei privati nel mondo.
Questa società analizza il rischio per gli investimenti e i rapporti commerciali in 209 paesi, rileva che l’insoluto dei debiti contratti da alcuni paesi e i rischi di trasferimento sono stati le principali cause del peggioramento di questi. Ha previsto che l’aumento del prezzo delle derrate alimentari nel 2010, inciderà in una maggiore crescita del rischio nei paesi emergenti, produttori, ad esempio, di cacao o di riso.
… la mappa del rischio di quest’anno include i nuovi indicatori concernenti la somministrazione di acqua e di derrate alimentari e ha precisato che anche il riscaldamento globale “costituisce una minaccia a lungo termine” per accedere a questo prodotto.
… tanto l’acqua quanto le derrate alimentari sono “decisivi” nello sviluppo degli affari di un paese e ha assicurato che la Mauritania, Capo Verde, Senegal e Gambia sono gli stati con maggiore indice d’insicurezza su questi prodotti, anche se l’Olanda e il Belgio si trovano nella lista dei 20 paesi a maggiore rischio, dovuto all’aumento del livello del mare.
Per l’America latina segnala quanto segue: in America latina, il rapporto rivela che il Venezuela si è collocato in una posizione di rischio molto alto, seguita dalla Bolivia, l’Argentina, e l’Ecuador (alto rischio); Perù, Paraguay e Uruguay (rischio medio).
Brasile, Colombia e Messico sono i paesi latinoamericani con il migliore livello di rischio (medio), e … il rapporto prevede che il rischio d’investimento nell’economia brasiliana continua a migliorare (Agenzia EFE).
Devo far notare quali sono regole che sono state fissate per emettere questo consiglio ai loro investitori, le quali sono esposte in 9 item: 1. Fuga di valuta, 2. Scossa interna o guerra, 3. Colpo di stato o sollevamento civile, 4. Default, 5. Leggi e regolamentazioni, 6. Interferenze politiche, 7. Vulnerabilità nelle catene logistiche, 8. Acqua, 9. Derrate alimentari.
Al di là di questi rapporti molto soggettivi e intenzionati, l’Argentina necessita urgentemente di una pianificazione strategica e di politiche di stato che consentano di superare le nostre difficoltà economiche e di avere un futuro prevedibile, e che questa pianificazione e decisione non devono restare solo nelle mani della vulgata politica (mediocre classe politica), immersa in discussioni minori (giorni e settimane di discussione senza senso né importanza come nel caso della sostituzione di un funzionario di banca e argomenti di altro genere).
Questi argomenti vitali devono essere affrontati da tutte le componenti della società nel loro insieme, oggigiorno oltre alla crisi energetica (che era prevedibile e si è fatto poco per superarla), l’Argentina si trova in grosse difficoltà da un processo che parte da Córdoba verso il Nord (Le regioni Nord, Nordest e Centro), che per l’effetto del cambiamento climatico e la dinamica di una cattiva amministrazione della terra con la progressiva distruzione della flora e della fauna ha aumentato il regime della siccità o delle piogge torrenziali, la maggior parte di quelle regioni affrontano un’intensa crisi idrica. Rammentiamo le grandi tempeste di polvere di fine 2009 che hanno coinvolto la città di Córdoba (che ogni volta si ripeteranno con maggiore frequenza e violenza), in qaunto conseguenza della deforestazione e del cattivo utilizzo delle risorse idriche nell’impiego di un’agricoltura invasiva e priva di controllo, dove ci dobbiamo aggiungere l’immenso sperpero delle nostre fonti d’acqua dolce e dei fiumi sotterranei della cordigliera nel settore minerario a cielo aperto.
Ciò restituisce all’agenda nazionale il tema: le risorse naturali, di cui abbiamo avvertito che il primo quarto del secolo XXI sarà caratterizzato da conflitti per il controllo delle stesse, tanto da parte delle potenze già presenti sulla scena internazionale, quanto da quelle emergenti (forse, adesso, gli argentini capiranno meglio il potenziamento del sistema di difesa brasiliano, il cui scopo è di difendere le sue risorse naturali: l’acqua dell’Amazzonia e il petrolio al largo, poiché senza un sistema di difesa e d’intelligenza non esiste uno stato moderno che possa garantire la sopravvivenza di una nazione in questo nuovo mondo policentrico in fase di conformazione).
La situazione è grave, ma siamo in tempo per raddrizzare la strada e per questa ragione la cosa fondamentale è che una nazione deve possedere la volontà politica per risolvere urgentemente le misure a medio e lungo termine. Altrimenti entreremo in un circolo vizioso che farà diventare grandi regioni dell’Argentina in terre sterili e prive di popolazione, con le terribili conseguenze sociali, demografiche, economiche e politiche che una tale situazione può produrre. Per evitare questo funesto futuro non possiamo smettere di parlare e imporre ai settori politici (del governo e dell’opposizione, che cela un silenzio complice su questi temi) un’agenda con argomenti permanenti come lo possono essere le risorse naturali (rinnovabili e non): incominciando dall’acqua dolce, in tutti i nostri ambiti: sociale, lavorativo, religioso, intellettuale, politico, ecc., perché è in gioco il nostro destino come paese e come nazione, e il tempo scorre a nostro svantaggio. Mentre più tempo ci mettiamo nell’analizzare questi temi e agire di conseguenza, più difficile sarà la sua soluzione e maggiore danno soffriranno gli abitanti della nazione.
Córdoba 29 gennaio 2010
(Trad. di V. Paglione)
* Carlos A. Pereyra Mele, politologo argentino, opera nel Centro de Estudios Estratégicos Suramericanos. Sulle pagine della rivista “Eurasia” ha pubblicato Difesa nazionale e integrazione regionale (nr. 3/2007) e La guerra infinita in America (nr. 4/2008).